Intervista su: il Giardino dei Viandanti
Questo mese la cooperativa il giardino dei viandanti, che si occupa spesso e volentieri di interculturalità, si interroga sull’importanza della fotografia nel campo del sociale…
Uno dei contributi che hanno voluto è un resoconto, un confronto nato dalla visita alla mostra fotografica “Magna, Italia! un racconto fotografico da Rosarno” che è diventato una breve intervista arricchita da alcuni video (1, 2) già pubblicati qui sul blog.
Ecco qui di seguito il testo dell’intervista (oppure leggila sul sito del Giardino dei Viandanti)
Cos’è per te la fotografia?
La mia vita. Il mio sorriso. Un modo per raccontare, denunciare con l’evidenza, ma anche un modo per esprimermi misteriosamente (astratti fotografici) o per rilassarmi (fotografia naturalistica).
In sintesi, diceva Richard Avedon: “Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. È come se mi fossi dimenticato di svegliarmi.”
Quando hai deciso di usarla per parlare del sociale?
Ho prima capito di essere sociale, poi fotografo… in buona sostanza quando ho capito che non ero incapace come pensavo, cioé quando ho iniziato a sapermi rapportare con le persone in modo schietto e sincero, riuscendo anche a metterle a proprio agio di fronte all’obbiettivo ho capito e avuto la spinta ad approfondire la fotografia sociale.
Concretamente credo che tutto sia da ricondurre alla Carovana Missionaria della Pace con gli istituti missionari d’Italia, nell’autunno 2008.
C’è un nesso tra fotografia e realtà? Quale?
Certo che c’è… tutto ciò che ricade nel quadro dell’immagine è reale, la “bugia” sta nell’omettere cosa ci sta intorno, ma non necessariamente questo è necessario, anzi il fulcro della fotografia è capire cosa sia l’importante, il cuore e cosa superfluo.
Tra l’altro c’è da dire che amo così tanto la finzione che il mio alterego virtuale è “naturalmenteAndrea”, da cui il nome del mio sito.
L’immagine come la parola fermano nel tempo un fatto. Quale pensi sia la forza di questa forma di comunicazione?
L’immagine dispone della forza di un linguaggio più veloce, intenso. La Fotografia, nello specifico, ha la missione di raccontare la storia come una somma di attimi, quelli cruciali, appunto quelli storici.
Ci deve essere un’etica nella fotografia?
Assolutamente sì. Anche nella fotografia naturalistica, oltre come immaginabile nella foto di reportage. Purtroppo oggi il mercato ha ucciso la sensibilità del fotografo che è diventato un avvoltoio della notizia e sempre meno fotografi si dedicano alla costruzione di un servizio giornalistico fotografico, per facilità di esecuzione e minore impegno di studio. L’etica come in molti altri ambiti è però a pura discrezione del singolo, al punto che oggi tra i fotografi l’etica pare si fermi all’uso della postproduzione, ignorando magari l’impatto umano della fotografia sul soggetto…